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Tra i protagonisti dellarte italiana tra le due guerre,
Mario Mafai (Roma 1902 - 1965) è sicuramente una delle figure più
complesse e affascinanti. Noto per essere stato insieme a Scipione e Mazzacurati lanimatore di quella che Longhi, recensendo la I Sindacale del Lazio, definì la scuola di via Cavour, Mafai andrà letto non solo nel segno di questo gruppo che sostanzialmente identifica un sodalizio umano, più che una vera e propria corrente, ma soprattutto per aver tradotto con linguaggio nuovo ansie e turbamenti che sono stati sì di tutta unepoca, tra le più tragiche della nostra storia, ma che per lui hanno avuto prima di tutto valenza esistenziale. Senza dunque concedersi completamente al realismo sociale, la
sua pittura, che per molto tempo fu venata di un espressionismo discreto,
La realtà che Mafai per lungo tempo ha suggerito attraverso le sue rovine, simbolo di una decomposizione dalla forte ascendenza esistenziale, negli ultimi anni della sua vita, si risolve in quella che la critica ha definito la fase astratta della sua opera, ma che altro non è se non un processo che i titoli delle sue ultime opere ben sintetizzano: alla fine bisogna Cancellare la memoria (1959) e dipingere solo Ciò che rimane (1960), ovvero la Solitudine (1961). |