appunti di volo

Un enorme buco con venticinque secoli di storia

di Valeria Rosa

Il luogo
Cosa si può fare
Cosa è
La storia
La struttura
Modi di visita

L'evento
Il Presepe nel Pozzo
Cosa è

Nel dicembre del 1984, nei sotterranei della trattoria della famiglia Sciarra, è stato ritrovato il Pozzo della Cava. Da quel momento è cominciata la metamorfosi che ha trasformato un'osteria per militari in un appuntamento immancabile con la storia e l'archeologia di Orvieto: sono stati riportati alla luce altri ritrovamenti, i sotterranei sono stati aperti al pubblico, la trattoria si è ristretta, si è evoluta, ha fatto spazio all'archeologia, divenendo -rivista e corretta- uno dei servizi aggiuntivi del percorso di visita alle grotte. Ma sono sempre gli Sciarra, con nuove competenze e la consueta voglia di fare, a gestire e coordinare tutte le attività di quello che è per ora l'unico monumento italiano a gestione familiare.

Anche la nota trasmissione divulgativa della prima serata di Rai Uno, SuperQuark, di Piero Angela, ha dedicato un ampio spazio al Pozzo della Cava. Appositamente per questo documentario è stata realizzata la discesa di uno speleologo all'interno della sezione etrusca del Pozzo della Cava, per dimostrare le tecniche di scavo e risalita utilizzate ad Orvieto oltre duemila e cinquecento anni fa.

È stata effettuata inoltre una "soggettiva" della spettacolare discesa, con l'applicazione di una microcamera al casco di uno speleologo. Ma non solamente il pozzo è stato ripreso; altre immagini hanno interessato le grotte circostanti che costituiscono il percorso di visita: le cantine, i butti medievali e la "muffola", ossia la fornace per il terzo fuoco della preziosa ceramica rinascimentale "a riverbero": I ruderi di queste due fornaci di ceramica sono stati ritrovati solo due anni fa, ed il loro rinvenimento ha fatto riscrivere pagine del disciplinare ceramico orvietano e della storia della maiolica del centro Italia; si tratta infatti del primo ritrovamento diproduzione di maiolica anche nel XV e nel XVI secolo in Umbria, e ha collocato Orvieto accanto ai centri più famosi per la produzione dei "lustri", quali Gubbio, Gualdo Tadino e Deruta.

E così, continuando a scendere nei sotterranei, tra pozzi-butti medievali e qualche cunicolo, tra una cisterna etrusca trasformata in cantina e i resti di una casa-torre duecentesca, si arriva alle ultime grotte del percorso, aperte al pubblico nell’ottobre 2003, dopo più di un anno di lavori.

A colpire, oltre all’imponenza di queste "nuove" stanze, la più grande delle quali raggiunge i 14 metri di altezza, è lo straordinario valore dei resti rinvenuti: nonostante una infinita serie di riutilizzazioni e trasformazioni, infatti, sono ben identificabili alcune nicchie per urne cinerarie, praticamente identiche a quelle presenti nelle tombe più antiche di Norchia, nel Lazio. L’eccezionalità di una tale scoperta sta nel fatto che fino a qualche anno fa non erano mai state rinvenute, in tutto il territorio, sepolture risalenti al primo periodo di permanenza degli Etruschi ad Orvieto.

L’ultima sorpresa risale al 2004, quando durante i lavori di ripristino del grande arco su Via della Cava, che nel Rinascimento costituiva l’unico accesso al pozzo, rimuovendo la lapide del 1646 apposta per ricordare ai cittadini sia la presenza del pozzo che la sua chiusura,si è potuto scoprire che l’iscrizione era stata scolpita sul retro di una spessa lastra di marmo con bellissimi bassorilievi altomedievali, prelevata dai sotterranei della vicina collegiata dei Santi Andrea e Bartolomeo.